Per rimanere in tema di fotografia mi piacerebbe parlarvi e suggerirvi delle interessanti possibilità di ricerca, muovendo da un tema fondamentale e spesso trattato dagli artisti contempranei: il corpo e le sue metamorfosi.
Il critico d’arte Renato Barilli sostiene che sia possibile distinguere fra artisti che operano mettendo in gioco la propria identità o, al contrario, annullando ogni riferimento personale, per calarsi in panni altrui, assumendo identità prese in prestito dall’iconografia del museo o del mito. Secondo lo studioso, la performance nuda degli anni Sessanta è stata affiancata, a metà degli anni Settanta, da una versione vestita, ricca, nella quale il performer si è posto in assenza, con un atto sostitutivo che spesso ha assunto il valore di una citazione. Si è manifestato, dunque, il desiderio di rivisitare il passato, come è avvenuto nel settore della figurazione.
Negli anni Novanta, invece, come ben ha evidenziato Teresa Macrì (studiosa e critica d'arte) è accaduto qualcosa di ulteriore: la performance si è affermata come dislocamento di corporeità, tessendo una dimensione inorganica, una materializzazione della carne che è divenuta manipolazione, alterazione, trasformazione del sé. Il corpo performatico degli anni Novanta ha offerto uno sconfinamento estetico che è divenuto connessione satellitaria. Questo corpo, come Macrì ribadisce, programmato, clonato, replicato, manipolato “è divenuto seriosi cibernetica”.
Tra gli artisti che potremmo citare, dei quali vi offrirò immagini nel mio Blog: Cindy Sherman e Yasumasa Morimura.
Per una bibliografia essenziale sull'argomento consiglio:
- R. Barilli, Informale, Oggetto Comportamento, Feltrinelli, Milano, 1988, vol. II;
- T. Macrì, Il corpo postorganico, Costa & Nolan, Genova, 1996;
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